La chiesa viene riedificata e ampliata più volte dalla sua fondazione, avvenuta all’inizio del XVII secolo. Consacrata il 18 marzo 1626, è poi demolita e ricostruita - dal 1660 al 1671 - con dimensioni maggiori per accogliere i fedeli sempre più numerosi.
Nel 1783 è ristrutturata radicalmente dall’architetto Tommaso Bicciaglia, allievo e collaboratore di Giannandrea Lazzarini. I lavori sono la conseguenza del trasferimento della parrocchia di san Michele Arcangelo alla chiesa di san Giuseppe, dopo la soppressione dell’omonima confraternita.
La fatiscente struttura di san Michele, di cui oggi resta il sagrato in via Giordano Bruno, viene abbandonata e i suoi arredi sacri trasferiti nella chiesa di san Giuseppe che per l’occasione subisce interventi che riguardano la canonica, il campanile, il pavimento, le fosse per il cimitero e altre ristrutturazioni. Consistenti trasformazioni interne su altari, cornici in stucco e gelosie, sono documentate nel 1846. Il portale in pietra arenaria risale invece al 1875.
La facciata in laterizio è scandita da finte finestre con specchiature e nicchie nel registro mediano. L’interno, a navata unica, ha cinque altari fin dall’origine. Una copia della Sacra Famiglia del Guercino, opera del suo allievo pesarese Teodoro Amati (1605-1679) è posta sul primo altare sinistro; sopra quello maggiore si trova invece uno degli ultimi dipinti di Terenzio Terenzi detto il Rondolino (1575/’80-1621 circa) con la Sacra Famiglia e San Giuseppe. Al Lazzarini sono attribuite le tele con santi nelle due finte nicchie sul fonte battesimale. Un particolare curioso: la chiesa intitolata a Giuseppe è stata voluta dai falegnami per cui tutte le decorazioni (capitelli, cornicioni, motivi delle finestre, ecc.) non sono in gesso o stucco come accade di solito ma in legno.
sintesi tratta da un testo inedito di Federica Tesini
via Spada
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