Il 17 agosto alle 21, al Museo Nazionale un nuovo appuntamento del sabato sera: il concerto di Marco Mencoboni dedicato principalmente alle musiche per tastiera di Giovanni Maria Trabaci (Irsina 1575 - Napoli 1647).
Giovanni Maria Trabaci, virtuoso
Rocco Rodio (Ca 1530 – post 1615)
Ricercata seconda
Dal Libro di Ricercate Napoli, 1575
Giovanni Maria Trabaci (1575-1647)
Toccata prima
Ricarcata dell’ottavo tono con tre fughe
Toccata quarta
Gagliarda terza a 4, detta la Talianella
Dal secondo libro di Ricercate et altri vari Capricci, Napoli, 1615
Canzona Francesa Quarta
Partite sopra Rogiero
Durezze e ligature
Consonanze stravaganti
Io mi son giovinetto
Dal primo libro di Ricercate Canzone franzese et Capricci, Napoli, 1603
Gerolamo Frescobaldi (1583-1643)
Toccata Ottava
Partite sopra Follia
Da Toccate e partite d'intavolatura di cimbalo libro primo, Roma, 1615
Bernardo Storace ( fl. 1664)
Il Ballo della battaglia
Da Selva di varie compositioni. Venezia 1664
Marco Mencoboni, clavicembalo
Clavicembalo italiano copia Guarracino costruito da Roberto Livi
Prenotazione consigliata | Ingresso € 5 (ridotto € 3 con card Pesaro Cult )
Info T 0721 387541 – pesaro@sistemamuseo.it
Info T 0721 192 2156 – info@museonazionalerossini.it |www.museonazionalerossini.it
Giovanni Maria Trabaci
Nato in un piccolo paese del Sud Italia, Trabaci è stato un cantore e compositore di musica sacra e di musica profana. Se rimane piuttosto accademico nella composizione per musica vocale, il suo talento è sbalorditivo nella composizione di musica per strumenti a tastiera, nell’uso dei quali doveva essere impareggiabile; solo due sono purtroppo i volumi per tastiera, stampati nel 1603 e 1615. Se si leggono le parole che egli stesso rivolge ai fruitori della sua musica negli avvisi ai lettori, si rimane colpiti dalla raccomandazione di non prendere alla leggera le sue composizioni, per le quali richiede uno studio maturo ed una leggiadrissima mano; ed è singolare che il compositore dopo aver chiarito di aver messo tutta la sua cura nel comporre le sue consonanze, tenda già ad incolpare i suoi lettori per l’eventuale (facilmente prevedibile) insuccesso nello studio.
Ciò ci fa capire quanto lo stesso Trabaci fosse consapevole del livello di virtuosismo necessario per eseguire la sua musica, un virtuosismo che non si riduce solo ad una questione di perizia tecnica e digitale, ma anche ad una difficoltà per così dire intellettuale poiché le sue arditezze contrappuntistiche sembrano andare contro la stessa natura del dilettare l’orecchio tanto decantata dai trattatisti rinascimentali.
Questo andare apertamente contro gli schemi, percorso già intrapreso per la musica vocale da Gesualdo da Venosa nei suoi primi libri di madrigali, sembra irridere il gusto della perfezione rinascimentale con dei gesti simili in pittura a quelli di un suo grande contemporaneo: Caravaggio.
Per di più, la leggiadrissima mano di cui parla il compositore (dunque siamo facilmente portati a pensare alla sua stessa) doveva avere delle dimensioni non comuni poiché molti passi delle sue composizioni risultano oggi praticamente ineseguibili per via delle estensioni richieste. In altri termini si può anche pensare che la sua creatività non volesse accettare i limiti imposti dalla natura umana, la mente crea riversi, moti contrarii, inganni, fughe, risposte ed il compositore sembra scriverle su carta senza curarsi di chi sarà poi in grado di eseguirle.
Trabaci pubblica le sue musiche scegliendo la scrittura contrappuntistica su quattro righi e non l’intavolatura per tastiera come fecero Merulo e Frescobaldi. Se nella prima modalità infatti non vi sono indicazioni pratiche sul modo di porre le mani sulla tastiera, nella seconda viene esattamente indicata la separazione della mani per l’esecuzione delle diverse note. Il risultato della prima modalità, nell’applicazione visionaria e sperimentale del Trabaci è un approccio alla tastiera difficilmente paragonabile ad altri. Il clavicembalo e l’organo diventano per lui gli utensili necessari a creare forme di suono a volte incomprensibili e per certi versi volutamente fastidiose. Potremmo quasi immaginare che la sua musica sia una traslazione dialettale della perfezione di una lingua formalmente codificata e dunque portatrice, come tutti i dialetti, di una bellezza più segreta, a cui non tutti possono avere accesso. Siamo davanti ad un gigante insomma e Gerolamo Frescobaldi, lui si, l’aveva certamente capito.
Marco Mencoboni è nato nel 1961 a Macerata. Clavicembalista, organista e direttore d’orchestra, ha studiato con Umberto Pineschi, Ton Koopman, Jesper Christensen e Gustav Leonhardt con il quale si diploma allo Sweelinck Conservatorium di Amsterdam nel 1990. È presente come solista e direttore del complesso vocale Cantar lontano nei più importanti festival internazionali di musica antica. Nel 2019 è artista in residenza presso l’Early Music Festival di Utrecht che lo vedrà protagonista di quattro produzioni dedicate alla Napoli barocca. Dal 2017 è direttore del Monteverdi Project per il Teatro Manoel di Valletta a Malta dove nel 2020 debutterà nella direzione dell’Otello di Gioachino Rossini.